La questione recupero in ambito agonistico è stata, oserei dire, per troppo tempo limitata e circoscritta ad un mero concetto quantitativo.
Mi spiego meglio: se da un lato la scienza e la ricerca in ambito prestazionale hanno da sempre profuso molti sforzi nel tentativo di stabilire con la più alta attendibilità e veridicità i corretti recuperi fra sedute/giorni di allenamento, fra singole serie di esercizi o addirittura fra singole ripetizioni di un esercizio, in funzione degli obiettivi preposti, dall’altro ha lasciato un po’ inesplorati gli aspetti riguardo la qualità di questo recupero.
Già, perché l’errore che si commette da sempre in ambito sportivo è pensare quasi esclusivamente all’aspetto quantitativo.
La domanda che sentiamo ripetere costantemente è: quanto ti alleni, quanto recuperi, quanto dormi eccetera eccetera.
Il problema è proprio questo. Chiunque si occupi di prestazione (e non, perchè questo vale anche per i non atleti o sportivi) DEVE necessariamente cominciare a pensare all’allenamento ma soprattutto al recupero in termini QUALITATIVI.
Quindi chiedersi: come mi alleno? quali sono le mie sensazioni, la percezione di fatica in funzione dell’intensità e la percezione della mia efficienza (concentrazione, lucidità, efficienza)?
Come dormo? Come mi sveglio al mattino? Come cambia il sonno in funzione degli allenamenti che svolgo e delle giornate che vivo, di cosa mi nutro e così via.
Badate bene che la questione non è di poco conto. Passiamo circa un terzo delle nostre giornate dormendo. E il sonno è il re nel campo del recupero.
Cosa succede quando la qualità del nostro sonno e recupero è compromessa?
A tal proposito è necessario spiegare un concetto chiave.
Durante il sonno avviene il cosiddetto brain-washing. Un vero e proprio “lavaggio” fisico. Il sangue presente nel cervello lascia parte dello spazio che occupa al liquido cerebrospinale, una sostanza che circonda cervello e midollo spinale e che autoregola la presenza di sangue nel cervello.
Questo passaggio di fluidi permette di eliminare tossine e rifiuti metabolici prodotti e accumulati durante il giorno. Purtroppo questo processo è indissolubilmente legato alla fase NREM del sonno e più precisamente solo se attraversiamo la fase NREM del sonno in modo COMPLETO secondo tutte le sue sotto fasi (N1-N2-N3 nella cui seconda parte si producono le onde lente necessarie al lavaggio) allora avremo l’effetto brain-washing.
Perché però parliamo di questione metabolica?
Perché l’altissima attività metabolica del cervello produce circa 10 grammi di materiale neurotossico che deve essere smaltito.
Bene, se per qualche motivo il sonno non fosse un sonno “vero” questo lavaggio verrebbe meno.
Se tale condizione fosse cronicizzata una delle conseguenze di questo mancato lavaggio sarebbe un cambiamento drastico delle richieste energetiche del nostro cervello.
E mi limito in questa sede alla questione energetica.
Dato che il cervello ha la PRIORITA’ ASSOLUTA in termini energetici su qualsiasi altro “organo” o sistema se dovesse avere bisogno di più energia di quanta gliene stiamo fornendo o semplicemente più di quanta ne dovrebbe invece spendere se tutto fosse in equilibrio innescherebbe dei meccanismi catabolici per i quali questa energia andrebbe a trovarla depauperando indiscriminatamente i nostri tessuti. Muscolari od ossei che siano.
Immaginiamo quindi un atleta, specialmente endurance, che si allena TANTO e anche mediamente intenso in una condizione in cui le richieste energetiche del suo cervello diventano incompatibili con il regime calorico che sta seguendo, ad esempio:
– periodi di restrizione calorica a scopo dimagrimento
– ipercalorici a scopo ipertrofico
– normocalorici con l’obiettivo di mantenere il peso
In ognuno di questi casi si otterranno risultati lontani da quelli attesi. E questo può solo tradursi in un drastico calo delle prestazioni.
Quindi quando parliamo di metabolismo o meglio di dispendio energetico, di richieste energetiche organo selettive dobbiamo tenere presente che se il nostro sonno non è ottimale esse saranno sbilanciate e lo saranno cronicamente con gli esiti sopra descritti.
A tale scopo una misurazione della composizione corporea BIA-ACC e una misurazione fotopletismografica PPG risultano fondamentali per determinare:
– le richieste energetiche organo specifiche
– uno sbilanciamento del sistema nervoso autonomo che potrebbe essere una, se non la principale (a meno di patologie specifiche), causa di un sonno e più in senso lato di un sistema organico di recupero non efficiente.
I risultati di questi test consentono di studiare delle strategie di recupero e gestione della routine quotidiana al fine di migliorare esponenzialmente i processi di recupero, compresi quelli del sonno.
Un ringraziamento per questo articolo al Dr. Bruno Dell’Ara
Se volete approfondire l’argomento, contattateci al 3472473475.