La sindrome della bandelletta ileotibiale è un disturbo che colpisce in particolar modo i podisti. Può essere considerata, sostanzialmente, una sindrome da sovraccarico. I fattori predisponenti sono generalmente di natura anatomica, tra questi ricordiamo il varismo del ginocchio, il varismo della tibia, la prominenza dell’epicondilo femorale laterale, la dismetria degli arti inferiori e il piede tendente all’ipersupinazione; tuttavia non mancano associati la corsa su fondo inclinato o irregolare, un chilometraggio eccessivo una variazione in eccesso dei carichi allenanti, la scelta di lunghi circuiti che presentano un’eccessiva alternanza di salite e discese o, ancora, gli allenamenti per la forza esplosiva particolarmente intensi.
La sindrome della bandelletta il e/o tibiale si presenta con un dolore generalmente continuo, ma non acuto, sulla faccia laterale del ginocchio; il dolore si accentua, raggiungendo il suo massimo livello, quando la bandelletta passa sopra il condilo femorale laterale, ossia, in altri termini, quando il ginocchio forma un arco di circa 30 gradi in flessione.
La dolenzia si sviluppa di solito dopo un determinato periodo di tempo dall’inizio dell’allenamento e tende a ridursi con il riposo.
La diagnosi
La diagnosi di sindrome della bandelletta ileotibiale si basa sull’esame obiettivo che mette in evidenza dolori alla pressione nella zona. Solitamente gli esami richiesti sono la radiografia del ginocchio e l’ecografia; molto raramente si ricorre alla risonanza magnetica nucleare, quasi mai decisiva per la diagnosi e che, tra l’altro, può dare false o eccessive informazioni.
Poiché l’infiammazione provoca un dolore continuo ma non acuto, sulla parte esterna del ginocchio, l’atleta è spesso portato a continuare gli allenamenti, magari riducendoli quantitativamente. Niente di più errato perché si predispone a un aggravamento della patologia.
La miglior terapia qui si rivela sempre la manipolazione fasciale in primis, e l’individuazione corretta dei sovraccarichi. Per ridurre il dolore nell’immediato è opportuno diminuire i carichi di lavoro.
Il periodo di stop consigliato è di 20 giorni con terapie, ultrasuoni, tecarterapia, laserterapia ecc.