Correre è uno schema motorio diverso dal camminare, ma noi lo abbiamo dimenticato. La corsa della maggior parte dei principianti e di tanti amatori assomiglia a una camminata velocissima ed è priva dell’elemento che la differenzia dalla corsa vera: LA FASE DI VOLO.
C’è in molti la credenza che la forza necessaria alla locomozione, così come anche alla corsa, venga generata tutta dai muscoli. Ebbene, non è così!
Contrariamente a quanto si possa pensare, tutta la forza necessaria alla locomozione durante la corsa non è generata attivamente dai muscoli. Se così fosse, ad ogni contatto corrisponderebbe una forza pari a quella che bisogna mettere per fare squat con tutto il nostro peso come bilanciere. Questo sarebbe già difficile per molti di noi, figuriamoci poi ripetere un gesto simile.Tante volte quanti sono i passi compiuti (per esempio) durante una maratona.
Eppure, tutti riusciamo a correre. Cosa accade dunque?
Nella corsa i muscoli non subiscono notevoli cambiamenti nella lunghezza del loro ventre. La maggior parte delle variazioni di lunghezza è data dallo stiramento e dal ritorno elastico dei tendini che al muscolo si attaccano. I tendini sono dunque le “MOLLE” ed i muscoli agiscono come pretensionatori delle molle.
Questo avviene perché l’energia potenziale derivata dalla fase di caduta viene immagazzinata dai sistemi tendine-muscolo sotto forma di deformazione elastica (fase di assorbimento) e restituita subito dopo (fase di generazione).Lo stiramento elastico del tendine raggiunge circa l’8% della sua lunghezza nello stiramento e restituisce il 93% dell’energia utilizzata per stirarlo.
Il sistema MOLLA del piede è fondamentale per una corsa efficiente e sana. Intanto perché la sua efficienza riduce notevolmente il consumo di ossigeno a livello muscolare rendendo meno stancante la corsa, sia soprattutto perchè l’energia meccanica dissipata si trasforma in calore. Se i tendini dell’arto inferiore restituissero poca energia si surriscalderebbero durante la corsa e subirebbero un danno. Il tendine calcaneare è la più importante “molla” della gamba.
Senza eccedere nella spiegazione biomeccanica, sintetizziamo:
L ‘appoggio di tallone non mette in sufficiente tensione il piede, scarica tutto il peso sulla parte ossea e muscolare. La cosa migliora molto spostando in avanti il carico verso il mesopiede o meglio ancora l’avampiede. Ciò deriva dal fatto che, usando la punta come appoggio, l’intera lunghezza del piede viene sfruttata come leva per allungare la “molla” composta da polpaccio e tendine d’Achille, permettendo una conversione ottimale dell’energia cinetica. Quando viene appoggiata la pianta, la leva diventa più corta l’assorbimento di energia meno efficiente. L’appoggio sul tallone riduce al massimo la conversione dell’energia potenziale in deformazione elastica e dissipa buona parte dell’energia durante l’impatto col suolo.
Naturalmente il sistema formato da polpaccio e tendine d’Achille non è l’unico che immagazzina energia elastica. Tutta la gamba flettendosi contribuisce alla conversione dell’energia potenziale, in maniera più o meno efficiente creando l’effetto rimbalzo che caratterizza la fase di volo. Chiarito questo bisogna tuttavia spiegare che cambiare il proprio modo di correre è un processo che richiede una vera e propria
RI-EDUCAZIONE, un cambiamento di schema motorio e di potenziamento del sistema molla del piede.
Noi in RUNNING CLINIC abbiamo adottato un protocollo detto “PIEDE ATTIVO” che prevede delle lezioni a distanza di un mese l’una dall’altra dove insegniamo esercizi di mobilità -elasticità-resistenza per i piedi, una seconda serie di esercizi per lo sblocco delle anche e bacino, utili a poter aumentare la cadenza di passo.
Gli atleti intraprendono così un processo di transizione da corsa su tallone a corsa su avampiede con tutti i benefici del caso, correre senza infortunarsi, aumentare la velocità, fare meno fatica.
A seguire si apre un altro controverso capitolo, quello della calzatura, ma questo è altra storia.